La parlamentare renziana Occhionero accusata di aver mentito per mandare il suo assistente a parlare con i boss della mafia
Aleggia lo spettro della mafia in un’inchiesta della Procura di Palermo che vede invischiata anche la deputata di Italia Viva Giusy Occhionero.
Fra i principali imputati c’è Antonello Nicosia, 48 anni, di Sciacca, assistente parlamentare della deputata, accusato di associazione mafiosa. Occhionero avrebbe dichiarato il falso, consentendo così a Nicosia di entrare in carcere per parlare con dei boss della mafia.
Il 17 novembre scorso sono intervenuto alla Camera chiedendo al governo di riferire su una interrogazione presentata dalla stessa Occhionero, il cui assistente era già stato arrestato per mafia, che è stata poi usata nei tribunali da uomini di fiducia di Messina Denaro per attaccare i giudici antimafia.
Si tratta di una vicenda gravissima sulla quale né il governo né Matteo Renzi, leader di Italia Viva che è il partito della Occhionero, hanno detto una parola per prendere le distanze.
L’inchiesta della Magistratura
Nicosia, assistente parlamentare della Occhionero, sarebbe stato, secondo gli investigatori, il braccio destro del capo mafia Accursio Dimino, 61 anni, che era tornato libero dopo due condanne.
A Nicosia si contesta, fra le altre cose, di avere strumentalizzato la sua funzione di collaboratore parlamentare della Occhionero per entrare in alcune carceri siciliane, parlare con i boss e trasmettere all’esterno i messaggi che servivano alla gestione della famiglia della mafia.
Insieme a Nicosia e Dimino – quest’ultimo accusato anch’egli di associazione mafiosa – figura fra i destinatari del provvedimento la stessa Occhionero che rischia di finire a processo per l’accusa di falso, con l’aggravante di avere agevolato la mafia.
La deputata, in particolare, avrebbe dichiarato falsamente, in diverse attestazioni indirizzate alle case circondariali di Agrigento, Sciacca e Palermo che, nel dicembre del 2018, Nicosia “prestava una collaborazione professionale diretta, stabile e continuativa”.
Completano la lista degli indagati i fratelli Paolo e Luigi Ciaccio, 33 anni e Massimiliano Mandracchia, 47 anni, accusati di favoreggiamento personale con l’aggravante dell’avere agevolato l’associazione mafiosa.
I tre avrebbero messo a disposizione locali di propria proprietà e utenze telefoniche per aiutare Nicosia, Dimino e altri associati a eludere le investigazioni e trasmettere messaggi. Nicosia e Dimino si trovano in carcere dal 4 novembre, giorno in cui scatto’ l’operazione.