Sul Ddl Orlando, in votazione in Parlamento da lunedì, vorrei condividere la riflessioni dell’avvocato Edoardo Burelli secondo il quale ancora una volta, poco dopo la proposta di intervento sull’istituto della legittima difesa in orario serale, il Governo ha perso un’occasione per incardinare una profonda riflessione sul tema della giustizia penale.
Senza dubbio si devono porre in risalto due aspetti: allungamento dei termini di prescrizione e processo in videoconferenza.
In contrasto con il principio di rieducazione e di non colpevolezza di cui all’art. 27 della Costituzione, la dilatazione dei termini di prescrizione non può portare che ad una “pre-condanna” per il singolo cittadino che si trova a vivere un incubo giudiziario dalla fine incerta, con non curanza degli effetti psicologici e della ragionevole durata dei processi che possono arrivare a venti anni.
Inoltre, pare oggettivamente improbabile che la sanzione porti ad una reale rieducazione dopo il trascorrere di così tanto tempo della commissione del reato!
Ma non solo! In contrasto con il diritto di difesa, si amplia il novero dei casi di partecipazione a distanza dell’imputato al proprio processo, in nome, forse, di risparmio di spesa pubblica per l’accompagnamento in tribunale?
Lecito è domandarsi, pertanto, quale sia la reale motivazione di maggiore durezza e quale sia la finalità nel privare il detenuto di partecipare personalmente al processo che lo vede imputato, negandogli di vivere l’attività giudiziaria e conferire pienamente col proprio difensore.
Non è possibile apprezzare una riforma avanzata a mezzo di votazioni di fiducia, che oltre a non arrecare significativi vantaggi al sistema giudiziario, crea pericolose crepe sul versante dei diritti della collettività e preferisce regalare un oblio al singolo imputato piuttosto che investire nei meccanismi della Giustizia, abbattendo in modo effettivo la durata dei processi.