Stava andando al lavoro in una domenica di giugno dello scorso anno, a Firenze. Fermo ad un semaforo in scooter fu travolto da due auto che lo scaraventarono lontano, uccidendolo.
Alla guida tutti rom, che si inseguivano per un regolamento di conti. Inizia domani nell’aula bunker di Firenze il processo per la morte del 29enne Duccio Dini.
L’episodio avvenne in via Canova, a poche centinaia di metri dal campo rom del Poderaccio.
Alcune delle auto coinvolte nei fatti erano di grossa cilindrata: il familiare di uno dei coinvolti gestisce un’attività di compravendita, come ho scoperto in un sopralluogo alle case popolari (LEGGI QUI).
All’indomani Fratelli d’Italia scese in piazza insieme ai cittadini del quartiere per chiedere giustizia per Duccio Dini e la normalizzazione della situazione, diventata e rimasta esplosiva (LEGGI QUI).
Sono sette gli imputati, tutti arrestati nel corso delle indagini condotte dai carabinieri. Al momento, fra i rom coinvolti fra cui coloro che lo travolsero e uccisero, due si trovano in carcere, cinque ai domiciliari.
Tra le parti civili, l’associazione Amici di Duccio Dini Onlus, il Comune di Firenze e i familiari del 29enne. A queste si aggiungono le costituzioni di parte civile di altre persone coinvolte nell’incidente, che hanno riportato ferite o danni ai veicoli.
Da anni denunciamo la pericolosa emergenza insicurezza e illegalità che si vive nel quartiere, per anni la sinistra è stata corresponsabile nel consentire gravissime situazione di illegalità nei campi rom.
All’indomani dei fatti il sindaco Nardella e il governatore Rossi promisero il superamento del campo, salvo poi nascondere la polvere sotto il tappeto.
Gli assassini di Duccio, come è oggi chiaro a tutti, avevano numerosi precedenti. Il sindaco e l’amministrazione spieghino allora perché godevano ancora dell’assegnazione degli alloggi.
Firenze non è una città razzista, ma se continuano a discriminare gli italiani rischiano di esasperare i cittadini.