“Mi pare che la questione sia stata molto strumentalizzata in chiave politica“. E’ uno dei tanti pareri critici (LEGGI QUI, E ANCHE QUI) che escono in queste ore sull’istituzione della Commissione Segre, quello di Giovanni Orsina, docente di storia contemporanea e direttore della School of Government alla Luiss di Roma.
Intervistato dall’agenzia Agi spiega che “l’opposizione dura al razzismo e all’antisemitismo non può essere oggetto di discussione, ma sugli strumenti di quest’opposizione il dibattito è e deve restare, aperto. Anche perché quegli strumenti possono interferire con la libertà di manifestazione del pensiero“.
“Una società aperta – continua il professore – è una costruzione quanto mai delicata, ha bisogno di grande equilibrio e della libertà di discutere senza pregiudizi di come quest’equilibrio possa essere meglio raggiunto”.
“Intendiamoci – prosegue – se si vuol fare il processo alle intenzioni e sostenere che chi si è astenuto sulla commissione Segre è per ciò stesso razzista e antisemita, o quanto meno indulgente nei confronti di razzismo e antisemitismo, lo si può fare ma, per l’appunto, siamo nel campo della polemica politica, che come tale va considerata. Così come lo siamo quando, per giustificare l’astensione, si tira in ballo la censura”.
“L’uso dell’accusa di fascista da un lato e di comunista dall’altro al fine di delegittimare la parte politica avversa – ricorda Orsina – è in Italia una consuetudine assai antica. Una consuetudine che a mio avviso ha fatto molto male al Paese, e che, a più di settant’anni dalla fine del fascismo e a trenta da quella del comunismo, sarebbe proprio il caso di superare“.
“Peraltro – conclude lo storico – il raggiungimento dell’unanimità parlamentare su questioni di principio è responsabilità dell’opposizione, ma anche della maggioranza. E se in questo caso l’unanimità non è stata raggiunta, è stato anche per le scelte della maggioranza“.