Nei giorni scorsi una sentenza scaturita da una querela di Tiziano Renzi ha riaperto, stimolato dal direttore del Fatto Marco Travaglio, il dibattito sulla libertà di stampa in Italia e sulla necessità di introdurre nuove regole: il giornalismo è una risorsa preziosa per un democrazia che funzioni meglio. Ecco la mia intervista sul Fatto Quotidiano di oggi.
“ORA LEGGI PER GARANTIRE LA LIBERTA’ DI STAMPA”
Il deputato Fdi denunciato dal “Giglio magico”: “Basta querele temerarie”
di Davide Vecchi
Di querele poi rivelatesi temerarie ne ha ricevute alcune pure lui quando, da consigliere regionale in Toscana, con Fratelli d’Italia, faceva le pulci al sistema di potere di Rignano sull’Arno. Anche per questo, dice, vuole intervenire per limitare l’uso delle denunce come arma d’intimidazione, non solo nei confronti dei giornalisti. Lui è Giovanni Donzelli, parlamentare di Fratelli d’Italia, arrivato alla Camera dopo una corposa esperienza politica nella sua Toscana.
Fu Donzelli, nel 2015, a scoprire che Tiziano Renzi aveva ceduto le proprie quote della società di famiglia, Chil Post, alle donne di casa per poter accedere alla garanzia di Fidi Toscana sui finanziamenti per le aziende femminili. E scoprì che quel mutuo garantito per conto dei Renzi poi la Regione l’ha dovuto pagare. Il mutuo era stato concesso dalla banca cooperativa di Pontassieve e l’atto era controfirmato dal papà di Luca Lotti, Marco. Che lo querelò. Non è stato l’unico.
“In anni di opposizione alla sinistra in Toscana ho cercato di denunciare un sistema di potere chiuso”.
Ora è in Parlamento.
Ed è ora di mettere mano alle norme che impediscono ai giornalisti e alla stampa di fare il loro mestiere liberamente: per un giovane pagato qualche euro l’ora è molto più semplice passare le veline che scavare e rischiare di sentirsi chiedere risarcimenti da infarto. Poi non ci lamentiamo se in Italia manca la qualità o c’è poco giornalismo libero e d’inchiesta.
Andiamo al concreto.
Stiamo lavorando a una legge per la libertà di parola e proporrò al mio gruppo di inserire il provvedimento sotto forma di emendamenti ad altri provvedimenti che modificano il codice, come il cosiddetto decreto Sicurezza.
In quale direzione?
Oggi se presenti una querela per diffamazione, male che ti vada paghi le spese legali. Mentre se la subisci, se ti va bene, sei comunque costretto a pagare un avvocato per difenderti. Non è da nazione libera che un giornalista o una testata vengano sottoposti a rischi così alti. E allora dobbiamo cambiare il codice penale per renderlo più equilibrato.
Come?
Pensiamo di introdurre delle cauzioni per scoraggiare querele strumentali, garantendo al tempo stesso a chiunque la possibilità di far valere i propri diritti. Se qualcuno pensa di essere diffamato deve chiedere una rettifica: occorre dare valore a questo strumento. E poi non è accettabile che oggi ci sia qualcuno che usa la querela come arma di ricatto, chiedendo un risarcimento in sede civile ma non prendendosi la responsabilità di denunciare penalmente.
Mi pare chiaro il riferimento al padre dell’ex premier che ha querelato Il Fatto solo in sede civile, penalmente ha evitato e di fatto i contenuti degli articoli contestati sono stati giudicati non diffamatori.
Faccio un appello a tutte le forze politiche, alla stampa e agli editori che condividono questo approccio: mettiamoci a un tavolo e studiamole insieme rapidamente.