Ero davanti ad una porta di legno vecchio e vetri.
Non avevo avuto dubbi. Volevo aprire quella porta ed entrare. Era la cosa giusta da fare.
Faceva freddo, era buio. Uno di quei pomeriggi di fine novembre che alle 18:45 sembra già di essere in piena notte.
Quelle serate umide di inizio inverno erano addolcite dalle prime luminarie che iniziavano ad addobbare vetrine e strade, ma non per me: io odiavo le lucine di Natale. Ma non volevo pensarci in quel momento. Adesso avevo davanti una porta.
Dietro quella porta a vetri sentivo voci allegre e sorridenti, ma non riuscivo a scorgere niente: i vetri della porta erano coperti di manifesti con frasi chiare “Se un uomo non ha il coraggio delle proprie idee o non vale nulla l’uomo o non valgono nulla le sue idee” “Vivi come se dovessi morire subito, pensa come se non dovessi morire mai”.
Ero curioso, non avevo la minima idea di cosa avrei trovato davvero dopo essere entrato. Avevo sentito raccontare tante brutte storie, ma avevo imparato a non crederci.
Ma come ero finito il giorno del mio diciannovesimo compleanno in Via Santa Reparata davanti ad una porta sgangherata a respirare profondamente prima di entrare?
Erano stati anni convulsi che avevano trasformato l’Italia. Tangentopoli, le stragi di mafia, le prime elezioni dirette dei sindaci, la gioiosa macchina da guerra di Achille Ochetto stracciata nelle urne dalla discesa in campo di Berlusconi.
Stava cambiando tutto. E io mi sentivo parte di quel cambiamento. Mi avevano raccontato fin da piccolo che in politica e nella storia c’erano i buoni e i cattivi.
Ma io avevo visto con i miei occhi che i cattivi a questo punto erano molto meglio dei buoni.
Avevo visto commuoversi in silenzio mio nonno Vittorio, ex poliziotto in pensione, davanti alla televisione per i funerali di Borsellino e dei poliziotti della scorta. Avevo ammirato, in quella calda estate, quei ragazzi che gridavano contro la mafia fuori dalla Chiesa a Palermo. Ero rimasto stupito a scoprire che quei ragazzi coraggiosi appartenevano ai “cattivi” e che anche il Magistrato eroe era stato uno di loro. Poco dopo avrei scoperto la mafia essere molto più vicina e pericolosa. Anche nella mia Firenze, nel cuore della città, sotto gli Uffizi. Nessuno poteva sentirsi al sicuro.
Poi nell’inverno degli scandali della corruzione avevo scoperto che un solo partito, anche se piccolino, non era stato toccato dalla corruzione. Era il partito “dalla parte sbagliata”. Avevo visto al telegiornale alcuni ragazzi circondare pacificamente e con il sorriso Montecitorio per chiedere trasparenza. Quanto erano fighi! E anche quei ragazzi erano dalla parte dei “cattivi”? Non mi tornava.
Altro che cattivi, rappresentavano esattamente quella voglia di pulizia e cambiamento che volevo.
Gianfranco Funari in televisione si lamentava dei politici lontani dalla gente, ma quanto era vicino invece Fini alle mie idee quando si confrontava con Rutelli! Diceva le cose giuste, diceva meglio e con più calma esattamente quello che pensavo. Ma anche lui era di quel partito, quello che non aveva preso tangenti. Quello di quei ragazzi fuori Montecitorio contro la corruzione e di quelli a Palermo contro la Mafia. Altro che parte sbagliata, altro che cattivi. Erano i miei eroi contro tutto quello che non mi piaceva.
Così avevo dato a loro a marzo il mio primo voto e non nascondevo le mie simpatie nelle chiacchiere con gli amici e all’Università.
Università dove avevo visto quelli di sinistra strappare volantini e togliere la parola a quelli che non la pensavano come loro.
Proprio tre giorni prima ero andato a Scienze Politiche per ascoltare un confronto organizzato dal FUAN, quelli di destra cattivi, sulla par condicio. Ma non mi era stato possibile perché quelli che tutti consideravano i buoni, gli studenti di sinistra, avevano occupato gli spazi universitari per impedire il confronto.
Avevo visto i ragazzi di destra, gli stessi gruppi che avevo ammirato a Palermo e fuori Montecitorio, tenuti fuori dell’Università a Firenze. Con violenza e arroganza i collettivi avevano impedito di parlare ancora una volta a quelli che secondo loro dovevano avere meno diritti perché di destra.
Questo era il loro antifascismo. I ragazzi di destra per reazione avevano semplicemente intonato cori come “Libertà Libertà” oppure “Democrazia, vogliamo Democrazia”. Infine avevano cantato l’Inno nazionale.
Da una parte i cosiddetti buoni, quelli che si auto definivano dalla parte giusta, che usavano violenza per togliere la parola. Dall’altra i cosiddetti cattivi, quelli considerati dalla parte sbagliata, che difendevano la Libertà.
Non avevo dubbi da che parte stare.
Così in quel freddo e umido 28 novembre del 94, la sera del mio diciannovesimo compleanno, respirai forte e messa la mano sulla maniglia entrai nella sede del FUAN di Firenze.
Immaginavo che quel gesto sarebbe stato importante, ma non quanto avrebbe condizionato la mia Vita.
Oggi sono passati 30 anni precisi.
In questi anni ho difeso le mie idee con le unghie e con i denti. Ho conosciuto persone meravigliose in tutta Italia. Amici che resteranno per sempre, tra i ragazzi e le ragazze dalla parte sbagliata ho conosciuto mia moglie, giovani con cui sono diventato adulto insieme e persone di cui ho perso le tracce. Ho visto nascere e morire partiti. Pianto per le sconfitte e gioito per le vittorie. Ho visto una ragazza capace arrivare a guidare l’Italia e farsi apprezzare dal mondo intero.
Solo una cosa non è cambiata: l’intolleranza e l’arroganza violenta di quelli di sinistra che pensano di togliere la parola a quelli di destra.
Grazie per gli Auguri di compleanno. Se mi avete letto adesso sapete però anche che la cifra tonda che festeggio oggi è 30: trent’anni di militanza a destra.