L’accusa è pesante ma non ci stupisce. Perché i metodi oscuri del cerchio intorno a Tiziano Renzi li abbiamo studiati bene e denunciati già tre anni fa, quando il figlio Matteo era forte della posizione di essere a capo del governo dell’Italia.
L’ipotesi di reato di corruzione per Luigi Dagostino, ex socio di Tiziano Renzi (LEGGI QUI), nell’inchiesta della Procura di Lecce partita a Firenze dalle false fatturazioni (per cui sia Tiziano che la moglie Laura avranno un processo proprio insieme a Dagostino), non è solo gravissima. Ma svela il lato oscuro del giglio magico in un giro di affari fra potere, soldi e metodi poco trasparenti.
Prima di tutto perché il conflitto d’interessi su Banca Etruria non riguarda solo Maria Elena Boschi, il cui padre è stato vicepresidente dell’istituto di credito. Ma lo stesso Renzi, a pieno titolo. E il salvataggio di quella banca non racconta solo della vergogna di aver messo in mutande i risparmiatori.
Nel gennaio 2016, per esempio, la Guardia di Finanza ha perquisito 15 società che avrebbero ricevuto “finanziamenti allegri” da Banca Etruria e contribuito così al fallimento. Alcune sono state create proprio per realizzare gli outlet in tutta Italia. Come la “Egnatia Shopping Mall”, nata proprio nella Puglia di Dagostino per l’outlet di Fasano ed amministrata dall’ultimo presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi (ECCO QUI QUANDO LO DENUNCIAI ANDANDO A FASANO).
Uno dei soci di questa azienda è la “Castelnuovese”, di cui lo stesso Rosi è stato a lungo presidente, mentre il socio di riferimento è la “Nikila Invest”, la società in affari con Tiziano Renzi nella Party Srl, ora in liquidazione, di cui è stata amministratore unico la moglie Laura Bovoli.
Il legame tra queste società, oltre agli outlet, sono gli affari fiorentini, come l’acquisto dell’ex teatro comunale (venduto alla metà della cifra valutata da Renzi sindaco), o dello storico caffè Rivoire di piazza Signoria. Tutti portati a termine dalla Corso Italia Firenze.
Tutti fatti che abbiamo denunciato con forza, contro un muro che sembrava invalicabile. Adesso capiamo meglio perché: dall’inchiesta della Procura di Trani emerge che il pm Antonio Savasta, arrestato lunedì scorso per corruzione, avrebbe insabbiato le indagini sul giro degli outlet (LEGGI QUI L’ARTICOLO DEL FATTO QUOTIDIANO).
Proprio Savasta in quel periodo incontrò a Palazzo Chigi l’ex Ministro e sottosegretario del governo Renzi e fedelissimo dell’ex premier, Luca Lotti. Sarebbe stato proprio Dagostino a “portare” da Lotti il magistrato, che chiedeva il trasferimento a Roma.
Senza dimenticare che finanziamenti da Banca Etruria sono andati direttamente alla Leopolda di Renzi. 15mila euro arrivati alla Fondazione Open che organizza la kermesse. Lo ha fatto attraverso una donazione della società Intesa Aretina Scarl, di cui l’istituto di credito è socia. Un fatto gravissimo alla luce del decreto salva-banche approvato dallo stesso governo Renzi.
Oppure che lo stesso giro intorno all’ex premier Matteo Renzi ha fatto affari grazie a società con paradisi fiscali (LEGGI QUI). Passaggi di denaro anomali per 12,5 milioni di euro di cui 8,1 milioni finiti nelle casse di tre società riconducibili al giro d’affari composto dai soci del papà dell’ex premier, Tiziano Renzi, e dei finanziatori del presidente del Consiglio. Fra queste anche le società degli outlet di Reggello, Sanremo, Città Sant’Angelo e proprio Fasano.