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MELONI A LA VERITA’: IL CENTRODESTRA VA RIFONDATO

Intervista di Mario Giordano

Giorgia Meloni, mi scusi: il centrodestra è morto? «Come sentimento negli italiani no. Anzi: è molto vivo e molto vegeto».

E come coalizione di partiti? «Beh, è difficile che la vedremo in futuro come l’abbiamo vista in passato».

Certo che morire sulle nomine Rai è un po’ inglorioso. «Ma io non credo che la ragione vera sia quella delle poltrone».

Esiste una frattura profonda? «Gli antichi legami potrebbero non reggere».

Quindi tutti liberi già dalle prossime regionali? «Spero di no. Però nel medio periodo…».

Giorgia Meloni che farà? «La persona seria».

Non metto in dubbio. Ma che vuole dire? «Che siamo l’unico partito monogamo del centrodestra, l’unico che non è andato in giro a fare scappatelle con le altre coalizioni».

Scappatelle di qua e di là. A lei resta in mano la candela. «Dice che rischio di rimanere zitella»

E si troverebbe bene da zitella? «Potrebbe non finire così. Potrei riaggregare un mondo. Potremmo essere autosufficienti e i più titolati a lavorare alla rifondazione di questa metà campo».

Siamo alla rifondazione. «Sì, evidente. Non si può semplicemente riassemblare quello che è stato. Bisogna guardare al futuro».

Salvini l’altro giorno ha detto che aprirà le porte della Lega ai transfughi di Forza Italia. Ma sono stati segnalati anche passaggi a Fratelli d’Italia. «Chi non va nella Lega, trova spazio da noi. Siamo sovranisti anche noi ma più attenti ai ragionamenti».

Fra Forza Italia e Pd c’è ancora tendenza all’intesa? «Purtroppo sì».

E l’accordo Lega e 5 stelle durerà cinque anni? «Spero di no. I nodi sono già emersi negli ultimi giorni».

Si riferisce al decreto Dignità? «Sì, SaIvini è stato troppo accondiscendente con un provvedimento sbagliato. Ma è normale che accada».

Perché? «Perché i 5 stelle gli sono andati indietro sulla politica dell’immigrazione».

Do ut des. «Chiaro. Salvini ha scelto come core business gli immigrati. Di Maio (che è molto più furbo di quello che si crede) ha puntato su economia e lavoro. Ma questo è molto pericoloso».

Per la Lega? «Per l’Italia. Se andiamo avanti con le idee della Cgil degli anni Settanta siamo morti».

Di Maio come Luciano Lama? «Sostiene quello che sosteneva il sindacato quando lui non era ancora nato».

Mi sembra di capire che del decreto Dignità non salva nulla. «Salvo i titoli».

I titoli? «Si, i temi sono giusti. Chi è che non vuole ridurre la precarietà del lavoro? Chi è che non vuole ridurre la delocalizzazione? Ma è come dire: chi è che non vuole la pace nel mondo?».

Quello che c’è sotto i titoli, invece non la convince. «Per nulla. Sono solo divieti. Ma il cambiamento in Italia non sono solo i divieti. Sono le libertà. La libertà di assumere, di aprire un’impresa, di lavorare».

Lei cosa avrebbe fatto? «Gliene dico una semplice? Avrei introdotto subito la flat tax al 15 per cento sul reddito incrementale».

Se l’anno scorso guadagnavo 30.000 e quest’anno guadagno 50.000… «…sui 20.000 euro in più si paga solo il 15% secco».

Fattibile? «In 5 minuti. E non c’è bisogno di copertura, perché non sono soldi tolti allo Stato».

L’avete proposto? «Si, ce l’hanno bocciato, ma insisteremo. Domani presentiamo la proposta di legge depositata al Senato».

E non le va giù. «Ma si, che atteggiamento è? Sul decreto Dignità c’erano 400 emendamenti, praticamente tutti bocciati. Ora è un fatto statistico: su 400 proposte, almeno 5 buone ce ne saranno no?».

E per fermare la delocalizzazione che bisogna fare? «Abbassare le tasse».

Sempre lì stiamo. «Ma secondo lei perché un’azienda lascia l’Italia?».

Abbassiamo le tasse, ma poi? «Poi introduciamo la partecipazione dei lavoratori al rischio d’impresa. Imprenditori e lavoratori non devono essere considerati nemici, ma alleati».

Avete proposto anche su questo? «Ovviamente. E ovviamente ce l’hanno bocciato».

E per ridurre il lavoro precario? «Se uno tassa i contratti a termine non è che questi diventano contratti stabili…».

E che cosa diventano? «Non contratti. Disoccupazione. Non ci vuole un genio per capirlo».

Cosa bisogna fare invece? «Ridurre la tassazione sui contratti stabili».

Una norma di questo tipo c’è nel decreto. «Si, è la norma di Renzi e GentiIoni che prevede la decontribuzione per gli under 35».

E non va bene? «No, perché non ha senso la decontribuzione solo per gli under 35, mentre si alzano i costi per tutti gli altri. E poi…».

Poi? «Quelli sono aiuti spot, temporanei, proprio come quelli di Renzi che avevamo tanto contestato».

Lei vorrebbe una decontribuzione definitiva. «lo propongo una norma generale e semplice: più assumi, meno paghi. Più alta è la percentuale di manodopera rispetto al fatturato e meno tasse l’azienda deve versare».

È per proporre queste misure che è appena andata tra i piccoli imprenditori del Veneto? «Ci sono andata per tenere fede agli impegni che ci siamo presi in campagna elettorale».

Spera di togliere consensi a Salvini? «Non ho bisogno di togliere consensi a nessuno. Ma da settembre farò un tour tra i distretti industriali del Nord».

Le dispiace non essere entrata al governo? «No, non mi dispiace. È una scelta che rivendico. Ma se Salvini non avesse accettato il diktat dei 5 stelle, la parte del centrodestra del governo sarebbe stata più forte».

Però sull’immigrazione Salvini si sta muovendo bene. «Sì, il cambio di passo è evidente e chiaro. Ma continuo a non capire una cosa».

Che cosa? «Perché non chiedono una missione europea per ottenere il blocco navale? Non capisco la timidezza».

Salvini timido? «Alla Turchia l’Europa ha dato 6 miliardi per bloccare il flusso dei profughi che dava fastidio alla signora Merkel. Fra l’altro 220 milioni li abbiamo messi noi, come se non avessimo già abbastanza problemi».

Vorrebbe la stessa cosa con la Libia? «Perché non si può? Chiediamo all’Europa di dare soldi alla Libia e di fare un blocco navale con loro».

C’è un allarme razzismo in Italia? «La vicenda di Moncalieri insegna che alla base del razzismo c’è sempre la sinistra».

Sta scherzando? «È una battuta. Ma è vero che, se ci sono episodi di esasperazione, la colpa è di chi non ha governato il fenomeno migratorio».

Il partito dell’accoglienza a tutti i costi. «Si, quelli che hanno fatto gli accoglienti con la vita degli altri. Tanto si sa che gli immigrati finiscono in periferia, non a Capalbio».

Perché? «Perché altrimenti si svalutano le case dei vip, come ha detto il sindaco, di sinistra, di Capalbio».

Teme una tempesta internazionale in autunno?
«I rischi ci sono. Anche perché governo dà segnali di debolezza sull’economia. E di indecisione. Per esempio, la Tav: uno dice che si fa, uno no, uno che si rinegozia. E mettetevi d’accordo, no?».

Lei sarebbe per farla. «Certo. Io non dimentico che l’Alta Velocità è nata in Italia nel 1936 con il treno Etr Milano-Roma che superò per la prima volta i 200 chilometri all’ora».

Ora le diranno che è nostalgica fascista. «Se vuole le dico che l’Etr era nel 1945, Ma era il ’36, non ci posso fare niente».

Non possiamo perdere il treno. «Ma le pare dignitoso che una Nazione decida se fare o no un’infrastruttura sulla base della penale da pagare all’Europa? E un po’ di visione no?».

Parliamo di Roma. Lei è sempre stata critica. Ma le è piaciuta l’ultima Raggi sui rom? «Tardiva ma sempre meglio di prima, quando finanziava il mental coach per convincere i rom a andare a lavorare».

E sul resto, a parte rom? «Sempre al palo. Anche sulle cose più semplici. Mi spiace che si sia impuntata nel non volere intitolare una via a Giorgio Almirante».

Dalla Rai se ne esce? «Se Foa rimane, bisogna cercare di trovare un presidente tra lui e gli altri due consiglieri del centrodestra».

E come? «Costruendo una maggioranza». Con chi? «Con tutti, escluso il Pd».

Sta già preparando la prossima Atreju di settembre? «Sì, dal 13 al 16 sull’isola Tiberina. Titolo: Europa contro Europa».

Ma un po’ di vacanza la farà? «Sì. Lo devo a mia figlia».

A proposito come sta Ginevra? «Benissimo. Ha quasi due anni e chiacchiera molto».

Se chiacchiera, le chiederà presto una sorellina. «A me piacerebbe molto. Ma forse meglio un fratellino»