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Il freno della Toscana è l’incertezza per chi vuole «Fare»

La Toscana da troppi anni ha rinunciato completamente a programmare il suo futuro. A dirlo oggi non è un “cattivo sovranista” o un “pericoloso complottista”, ma uno che, fra le altre cose, ha persino governato i conti di Firenze. Il parere di Alessandro Petretto, professore di economia ma anche ex assessore al bilancio della giunta Renzi, non lascia spazio a molti dubbi: la sinistra che ha governato la Regione non ha avuto una visione politica.

E’ così da almeno 15 anni a questa parte. Con Petretto, che per i ruoli di responsabilità che ha ricoperto rappresenta bene l’establishment locale, la pensiamo in modo diametralmente opposto su quasi tutto. Ed è emblematico che sia lui a mettere in evidenza l’inconcludenza e l’evanescenza della stagione politica che ci lasceremo alle spalle (almeno ce lo auguriamo) con le elezioni regionali della prossima primavera.

Il professore parla di un piano di programmazione capace di guardare al futuro: fu l’allora Presidente Claudio Martini a commissionarglielo nel 2004. Il risultato è raccontato senza troppe ambiguità: quel progetto non fu mai attuato e la conclusione sta nel titolo stesso della riflessione, che parla chiaramente di “ventennio perduto”. Quello di cui stiamo parlando non sono affatto questioni astratte o filosofiche, perché la conseguenza di queste (non) scelte è stata un netto peggioramento della qualità della vita dei cittadini.

La riflessione di Petretto mette sotto i riflettori quella che è la vera emergenza della nostra regione e cioè l’incertezza. Tutti coloro che hanno voglia di fare sono stati frenati sul nascere. A partire da quelli che hanno una voglia matta di far ripartire la Toscana, ma che non trovano le minime condizioni per farlo. Un sentimento molto comune oggi anche sul piano nazionale, e non solo da parte degli imprenditori, a causa delle politiche scomposte e sconclusionate del governo rosso-giallo. 

In questo quadro il centrodestra ha il dovere di dare delle risposte. Noi di Fratelli d’Italia diciamo senza indugi che occorre portare la Toscana fuori dal ‘900 in termini di produzione, logiche di confronto col mondo del lavoro, infrastrutture, economia: serve una svolta che segni un ricambio alla guida della Regione, necessario e salutare per la democrazia, e che sleghi la macchina pubblica dalle logiche di bottega che in questi anni l’hanno portata alla paralisi.

Fratelli d’Italia presenterà presto le sue proposte: abbiamo le idee chiare e non è necessario attendere che gli alleati propongano al tavolo nazionale il nome del candidato governatore per spiegare come pensiamo di rendere la Toscana la vera locomotiva d’Italia. Porteremo un approccio pragmatico di governo: la situazione di declino in cui versa la regione ci spinge a lavorare su un programma ispirato al produttivismo, che consenta di tornare a competere sul piano nazionale e internazionale nel tempo più rapido possibile.

Ma non si tratta solo di “crescita”. Perché nella lista dei “latitanti” c’è sicuramente un piano vero per le infrastrutture, ma un’impronta chiara e la programmazione sono necessarie in tantissimi altri settori. A partire dal rilancio e l’efficientamento della sanità, del sistema creditizio, dell’edilizia, dei trasporti, del sociale, del governo del territorio e della gestione dei rifiuti, solo per citare qualche esempio lampante. Tutti temi affrontati dalla sinistra in modo raffazzonato e senza un vero piglio di governo. Per Fratelli d’Italia far tornare grande la Toscana è indispensabile prima di tutto per dare un futuro ai nostri figli e nipoti.