Siamo pronti a sostenere qualsiasi azione, istituzionale e non, che provi a impedire il disumano licenziamento quando ancora è possibile fare ricorso agli ammortizzatori sociali. Ma basta con certa ipocrisia perché è davvero insostenibile. Apprendiamo di Countdown in Palazzo Vecchio, pranzi elettorali, incontri presentati come decisivi in Regione, ricchi premi e cotillon, guarda caso tutti a ridosso delle elezioni. Sei anni fa il PD di Palazzo Vecchio votava convintamente a favore di convertire l’area in un insediamento residenziale e oggi chi alzò la mano a favore della speculazione edilizia ai danni degli operai è pronto a speculare elettoralmente sempre sulle spalle degli operai.
Sono sei anni che gridiamo ai quattro venti che la crisi della Seves è indotta ad arte dai fondi di investimento che sono alle spalle della proprietà. Quando questa vicenda è iniziata la Seves aveva i bilanci in attivo, gli operai specializzati ricercati in tutta Europa e commesse per resistere a qualsiasi crisi internazionale. Poi sono arrivati i fondi di investimento che, sperando nella speculazione edilizia (il comune nei piani urbanistici aveva già cambiato destinazione d’uso anche con il voto di Nardella che oggi organizza con gli operai i pranzi elettorali), iniziarono a smantellare lo stabilimento fiorentino. Sindacati, Istituzioni e partiti di sinistra nel frattempo in questi anni hanno raccontato agli operai e alla città un sacco di frottole: prima sembrava che la Regione rifacesse il forno fusorio, poi che fosse la proprietà a costruire un nuovo forno, poi ogni tanto si assicurava che era in arrivo un compratore, poi si raccontava che appena scendevano gli stock si riapriva il forno, poi che i compratori stavano firmando e così sono passati sei anni con stampi portati all’estero, operai specializzati che si sono riorganizzati e bilanci che sono finiti sempre più in rosso. Non servono grandi gesti, basterebbero due telefonate di Renzi agli amici della banche a cui i Governi italiani delle larghe intese, compreso il suo, continuano a regalare sanatorie fiscali. Basterebbe che Carrai oltre che prestare la casa a Renzi facesse due telefonate alle banche con cui parla ogni minuto per dirgli di smetterla di giocare con i fondi di investimento sulla Seves. Ad un imprenditore vero che vuole fare impresa la Seves serve con il suo nome, la sua specializzazione e la sua qualità. Ad un fondo di investimento la Seves, invece, serve smantellata con delocalizzazioni nella Repubblica Ceca e in Brasile, serve una Seves senza futuro, ma con una massimizzazione immediata.
Sono sei anni che gridiamo ai quattro venti che la crisi della Seves è indotta ad arte dai fondi di investimento che sono alle spalle della proprietà. Quando questa vicenda è iniziata la Seves aveva i bilanci in attivo, gli operai specializzati ricercati in tutta Europa e commesse per resistere a qualsiasi crisi internazionale. Poi sono arrivati i fondi di investimento che, sperando nella speculazione edilizia (il comune nei piani urbanistici aveva già cambiato destinazione d’uso anche con il voto di Nardella che oggi organizza con gli operai i pranzi elettorali), iniziarono a smantellare lo stabilimento fiorentino. Sindacati, Istituzioni e partiti di sinistra nel frattempo in questi anni hanno raccontato agli operai e alla città un sacco di frottole: prima sembrava che la Regione rifacesse il forno fusorio, poi che fosse la proprietà a costruire un nuovo forno, poi ogni tanto si assicurava che era in arrivo un compratore, poi si raccontava che appena scendevano gli stock si riapriva il forno, poi che i compratori stavano firmando e così sono passati sei anni con stampi portati all’estero, operai specializzati che si sono riorganizzati e bilanci che sono finiti sempre più in rosso. Non servono grandi gesti, basterebbero due telefonate di Renzi agli amici della banche a cui i Governi italiani delle larghe intese, compreso il suo, continuano a regalare sanatorie fiscali. Basterebbe che Carrai oltre che prestare la casa a Renzi facesse due telefonate alle banche con cui parla ogni minuto per dirgli di smetterla di giocare con i fondi di investimento sulla Seves. Ad un imprenditore vero che vuole fare impresa la Seves serve con il suo nome, la sua specializzazione e la sua qualità. Ad un fondo di investimento la Seves, invece, serve smantellata con delocalizzazioni nella Repubblica Ceca e in Brasile, serve una Seves senza futuro, ma con una massimizzazione immediata.
Le scenette e le parole di circostanza possono portare nel migliore dei casi, e noi non ci sottraiamo, ad un rinvio di qualche mese della vita degli operai. Con due telefonate potremmo invece far ripartire la Seves con tutta la sua dignità”