A seguire l’articolo che ho scritto per destra.it
La trattativa tra lo Stato e la mafia all’inizio degli anni novanta è argomento quotidiano dei media. Noi auspichiamo che presto parta la commissione d’inchiesta parlamentare , ma ancora più pericolosa è la trattativa-bis emersa in queste settimane. Quella che vede coinvolti Lumia, Sonia Alfano e i vertici della Procura di Palermo.
Nei primi anni novanta lo Stato, impaurito per le stragi, si arrese alla mafia. Nicolò Amato il 4 giugno 1993 fu rimosso da direttore del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, per volontà del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, d’accordo con il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi e con il ministro della Giustizia Giovanni Conso. Nel giro di pochi mesi i detenuti di mafia a regime duro crollarono da 1.300 a 436.
Fatti concreti, innegabili, pesanti e scomodi perché coinvolgono esponenti ben collocati nel pantheon del centro sinistra.
Per difendere la memoria del Presidente del “ribaltone” politico del ’94 si è cercato recentemente di realizzare il ribaltone storico di questa vicenda e per mesi, grazie a schegge zelanti di alcune procure, Santoro e Ciancimino Junior si è cercato di far passare il teorema che le stragi e la trattativa erano una delle pagine della storia della discesa in campo di Berlusconi e dell’avvento del centrodestra in Italia.
Teorema zoppicante e maldestro che per essere portato avanti necessita di qualche conferma diretta, di qualche “boss” mafioso che lo racconti.
Ed ecco che (casualmente?) Lumia e Sonia Alfano, infrangendo leggi e regole istituzionali, iniziano un pellegrinaggio nella carceri italiane per parlare con i vertici della mafia da Provenzano a Antonino Cinà e Filippo Graviano.
Non parlano come dovrebbero solo delle condizioni di detenzione, ma di “Papelli”, di Cincimino Junior e di ipotesi di pentimento. Tutto questo senza registrare le conversazioni, senza magistrati presenti e in alcuni passaggi in stretto dialetto siciliano per non farsi comprendere dalle guardie carcerarie presenti.
Come perfettamente ricostruito in un articolo del direttore di Panorama, parlano per mesi (dal 26 maggio) senza che nessuno li fermi, anzi inizialmente si danno pure il cambio con il procuratore Antonino Ingroia. “È lui che, con il collega Ignazio De Francisci, vola a Parma per interrogare Provenzano tra il 27 e il 31 maggio. Il 26 c’è stato il primo colloquio tra il superboss e il duo Alfano-Lumia.”.
E il ministro della Giustizia?
Non può passare sotto silenzio il suo colpevole disinteresse per questo pellegrinaggio di politici al cospetto dei vertici della mafia. Ad oggi risulta solo una tardiva e debole letterina dei primi di agosto in cui si invita i direttori della carceri ad interrompere eventuali colloqui che non rispettino le regole.
Fa bene Maurizio Gasparri a tuonare contro la Severino e a chiedere che riferisca immediatamente in Senato.
La resa degli anni novanta, sbagliata come soluzione, è nata comunque dalla voglia di fermare il sangue delle stragi, la trattaiva-bis è in corso per inquinare quel sangue, per depistare, per alterare il percorso democratico, per sfruttare la mafia e distorcere la storia del recente passato alla scopo di indebolire l’avversario politico.
Nel caso in cui un parlamentare sia colto in fragranza di reato non è necessaria la richiesta di autorizzazione alle Camere per gli eventuali provvedimenti a restrizione della Libertà. Forse più che una letterina sarebbe utile che alla prossima sconsiderata tappa della trattativa-bis si prendessero delle misure concrete nei confronti di chi tratta con i capi mafia nel tentativo di inquinare la ricerca della verità e della giustizia.