Risparmiavano su cibo e vestiti per lucrare sulla pelle degli immigrati. Il tutto per un totale di 7 milioni e mezzo di fondi pubblici incassati indebitamente nel giro di quattro anni (LEGGI QUI).
Undici provvedimenti di custodia cautelare nell’inchiesta “Fake onlus”, coordinata dalla procura di Milano e condotta dalla Guardia di Finanza di Lodi. Al centro ci sono quattro organizzazioni senza scopo di lucro attive nell’accoglienza dei richiedenti asilo tra Lodi, Pavia e Parma.
Sono ‘Area Solidale’, ‘Milano Solidale’, ‘Gli amici di Madre Teresa Giuliani’ e ‘Volontari senza frontiere’. I reati ipotizzati sono, a vario titolo, quelli di associazione per delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio.
Una situazione emersa anche grazie alla legge taglia-business proposta da Fratelli d’Italia, che impone ai soggetti che si occupano di immigrati l’obbligo di rendicontare tutte le spese che sostengono. Un’iniziativa mirata ad evitare che le cooperative e gli altri soggetti lucrassero sulla pelle dei richiedenti asilo.
Tant’è che ieri Di Maio ha provato a fare il furbo affermando che il provvedimento è stato introdotto dal Movimento 5 Stelle.
L’obbligo di rendicontazione delle spese per chi si occupa dell’accoglienza immigrati è oggi realtà grazie alla ‘taglia-business’, un emendamento di Fratelli d’Italia presentato da Giorgia Meloni, approvato il 27 maggio 2017 in Commissione bilancio della Camera e poi diventato legge dello Stato.
Abbiamo fatto una battaglia senza sosta, partendo nel 2016 da un’iniziativa di legge in Toscana esportata in tutte le altre regioni (LEGGI QUI) e poi diventata proposta nazionale.
Se il Movimento 5 Stelle ha così tanto a cuore questo tema perché, allora, vuol mantenere il regime fiscale agevolato per le cooperative, che crea concorrenza sleale, visto che ha bocciato in Parlamento la nostra proposta per eliminarlo?
Le onlus al centro dell’inchiesta producevano documenti falsi ad hoc per partecipare ai bandi pubblici e alle convenzioni dirette per l’assegnazione dei servizi di accoglienza.
Le consulenze di psicologi, criminologi e avvocati millantate dai rappresentanti delle onlus di fronte ai funzionari delle prefetture, secondo l’accusa, erano solo bugie: nelle strutture da loro gestite non c’erano professionisti a disposizione dei migranti.