Carlo Conti, Ezio Greggio, Marco Liorni e Mara Venier ospiti sul palco di Atreju 2025
Passato, presente e futuro della televisione italiana nei pensieri e nelle parole di chi della televisione nazionale è da anni protagonista. Una riflessione a tutto tondo sul ruolo che il media “nazionalpopolare” per nazionalpopolarevuto e continua ad avere. A passare dagli studi tv al palco di Atreju 2025 quattro nomi che hanno fatto e fanno tuttora la storia della televisione italiana: Carlo Conti, Ezio Greggio, Marco Liorni e Mara Venier. Ricordi e riflessioni che si sono estese alla definizione della cultura nazionalpopolare nel nostro Paese.
Liorni: “L’intrattenimento deve respirare il Paese che c’è fuori”
“Tutta la televisione e l’intrattenimento deve respirare il Paese che c’è fuori, deve essere permeabile a quel che accade all’esterno. Il centro è quanto la televisione faccia cultura, ma se non respiri quello che c’è fuori, se non crei un terreno di confronto, questo ruolo così importante che deve avere socialmente, non lo ha.
E per far questo non si può solo conservare la memoria del passato, che è sacrosanta e fondamentale, ma anche andare a cogliere le energie, l’intuito”, ha affermato Marco Liorni dal palco di Atreju 2025.
Cultura non è solo nozione, ma anche sapersi confrontare con gli altri
Dopo Liorni ha proseguito Carlo Conti:”Ci vuole il rispetto del telespettatore. Cultura non vuol dire soltanto nozioni, secondo me, ma vuol dire anche sapersi confrontare con gli altri. Vuol dire saper ascoltare gli altri. Dovrebbe insegnare anche questo”.
Venier: “Nazionalpopolare, lo dico con orgoglio”
“Il Presidente della Rai Manca aveva classificato i programmi di Baudo ‘nazionalpopolari’. Lui si offese moltissimo e proprio in quegli anni, Baudo andò via dalla Rai. Quanto a me, oggi, mi dicono ‘Mara Venier nazionalpopolare’ io sono orgogliosa. Lo dico con orgoglio, io sono Mara Venier di Domenica In, nazionalpopolare”, ha rivendicato Mara Venier.
E sulla stessa linea ha poi proseguito Ezio Greggio: “Essere nazionalpopolari significa essere nel cuore della gente. Significa fare trasmissioni che la gente ama e far trascorrere in periodi bui e complicati come questi momenti di serenità”.
La satira non può essere imbavagliata
Greggio ha poi proseguito il suo discorso ampliando verso la satira: “Il mio è uno spettacolo politicamente scorretto, parlo male di tutti. Credo che la satira non possa essere imbavagliata. C’è un diritto di satira. Io ho iniziato a fare televisione nel 1978. Già allora c’era il diritto costituzionale di andare in onda e dire la propria opinione. Con TeleBiella vincemmo una battaglia con l’allora Ministro Gioia e riuscimmo ad aprire la strada alle tv private. Lo dissi anche a Berlusconi”.
Conti: “Non si può più scherzare su niente”
Sulla stessa linea di Greggio anche Carlo Conti che ha proseguito: “Credo che, un po’ in generale, abbiamo perso il senso della leggerezza. Non si può più scherzare su niente. Se penso al mio film cult ‘Amici miei’, oggi come oggi durerebbe 10 minuti come film. Ci si prende un po’ troppo sul serio. Sappiamo soltanto criticare, non sappiamo apprezzare cosa dice l’altro, dobbiamo andare automaticamente contro tutti”.
Concludendo poi con un esempio lampante: “Se pensate a Tale e Quale, per stare dietro a delle direttive mondiali, non posso più interpretare i cantanti di colore perché altrimenti si va ad offendere. Problema gravissimo negli Stati Uniti, ma qua non c’è quella malizia”.


