«Coalizione compatta e Meloni fa sintesi». La mia intervista al Corriere della Sera

Misure per crescere nei prossimi 20 anni. Nessun ritardo, con Draghi e Conte il sì il 30

di Adriana Logroscino

Oggi in Aula arriva una manovra che ha avuto un iter travagliato: avete rischiato la crisi sulle pensioni?

«Macché. Sulle pensioni ci sono state divergenze tra il Ministro Giorgetti della Lega e alcuni parlamentari dello stesso partito. Ma la compattezza della coalizione ha evitato che tutto questo si trasformasse in difficoltà per gli italiani, prima che per la maggioranza di governo».

Ma è dovuta intervenire direttamente Giorgia Meloni e richiamare tutti.

«E allora? È normale, la Presidente del Consiglio non è mica una passacarte. La leadership forte di Meloni è un patrimonio importante per la nostra nazione e l’elemento centrale di stabilità del governo. Fa sintesi. E infatti abbiamo trovato celermente soluzioni. Per questo le opposizioni ce la invidiano».

Le tensioni però sono state forti, anche dentro la Lega. Teme strascichi e turbolenze?

«Al di là di retroscena e ricostruzioni, dei quali diffido perché provengono più dalla fantasia di giornalisti o di parlamentari che vogliono dimostrare di sapere più di quello che sanno, io vedo non solo nella coalizione ma anche dentro i partiti una compattezza mai vista prima in una legislatura repubblicana».

Come risponde alle opposizioni che vi accusano di aver licenziato una legge di bilancio solo di tagli?

«Le opposizioni probabilmente leggono la manovra cercando bonus, mance, interventi spot. E non li trovano perché non ci sono. Mentre loro quando governavano cercavano misure a effetto, mirando al consenso immediato con il timore di elezioni dietro l’angolo, noi pensiamo all’effetto delle misure: scriviamo la manovra per influire sui prossimi decenni, per rendere l’Italia più competitiva. Questa è la prima legislatura in cui ogni finanziaria va letta collegata alla precedente e alla successiva. Con un’unica visione».

Nel merito, quali sono le misure che dimostrano questa visione prospettica?

«Potere d’acquisto delle famiglie, risorse per il servizio sanitario, aiuti alla natalità e sostegno a chi produce lavoro sono i pilastri intorno ai quali si articolano tutte le misure. Se le entrate fiscali aumentano nonostante il taglio delle tasse, vuol dire che lavoriamo nella direzione giusta. Gli unici ai quali aumentiamo un po’ le tasse sono le banche».

Ma cosa, di questa manovra, rivendica all’impegno del suo partito?

«Non voglio piantare bandierine. Ma sono molto fiero della detassazione dei premi di produzione, degli investimenti sulla sanità — che ad esempio, come primo passo, tra le altre cose ci consentiranno di assumere seimila infermieri e mille medici – e sulla sicurezza, grazie ai quali 37 mila uomini e donne in divisa sono stati assunti e altri 31 mila lo saranno. E per gli 8,5 miliardi per la nuova transizione 5.0. Li chiedeva anche una parte dell’opposizione: quando non è solo polemica, ma avanza proposte di buon senso, come in questo caso con Calenda, ascoltiamo e siamo pronti a recepire».

Avete tagliato i fondi di coesione e sviluppo, però.

«Non sono tagli, ma spostamenti delle risorse studiati per investire in modo più intelligente. Anche sul Pnrr ci accusavano di aver messo a rischio i fondi, perché volevamo ridiscuterne con l’Europa. E invece siamo la nazione più avanti nel loro utilizzo. Sappiamo quello che facciamo. E se il 59 per cento degli italiani dà un giudizio favorevole alla nostra manovra (nel sondaggio di Affaritaliani, ndr), se il consenso dopo 3 anni e mezzo cresce, qualcosa vuol dire».

Riguardo ai tempi, avete corso il rischio di andare in esercizio provvisorio?

«Mai. Abbiamo semplicemente dimostrato quel rispetto, spesso invocato, del dibattito parlamentare. Con il governo Draghi e con i governi Conte la manovra è stata approvata il 30 dicembre».

Durante questo dibattito qualche crepa si è aperta anche in FdI, come con la proposta sulle spese condominiali.

«Prima ci fate passare per una caserma poi sostenete che agiamo in ordine sparso? Semplicemente abbiamo ricchezza di proposte, ma una linea unica. Conta quel che arriva al voto, non ciò che ognuno legittimamente propone».

Insomma, non ci sono problemi in maggioranza. Neppure per l’imminente decreto armi?

«Solo normali velature di opinione diverse. Poi la sintesi della leadership arriva sempre rapida ed efficace. Sulla politica estera, come sul resto, non abbiamo mai votato in modo difforme. Le opposizioni, al contrario, si dividono anche all’interno dei partiti. Quindi no, non ho preoccupazioni per la maggioranza né per la tenuta della credibilità dell’Italia. Ne avrei se non ci fossimo noi al governo».