A cinquant’anni dal suo assassinio per mano degli estremisti di sinistra, ricordiamo il sacrificio di Sergio Ramelli: nessuno scalfirà la sua memoria
Lo massacrarono con ripetuti colpi di chiave inglese. Lo colpirono in testa: più e più volte. Poi lo lasciarono lì, disteso a terra, completamente riverso nel suo sangue.
Era il 13 marzo del 1975 e Sergio Ramelli stava facendo rientro a casa sua, in via Amedeo a Milano. Non fece in tempo a parcheggiare il suo motorino che fu assalito da un gruppo di militanti dell’estrema sinistra, di ‘Avanguardia Operaia’. L’ambulanza riuscì a portarlo nel vicino Ospedale Maggiore dove fu sottoposto ad un’operazione di ben 5 ore, che però non migliorò la sua situazione: riuscì a sopravvivere solo per poco più di un mese, prima di spegnersi definitivamente il 29 aprile del 1975.
Era uno studente dell’Itis “Molinari” di Milano, militante del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale italiano. Fu un tema di italiano, nel quale criticava le ‘Brigate Rosse’, a condannarlo a morte. Tema che fu affisso su una bacheca della scuola come capo d’accusa nei suoi confronti, decretandolo un fascista. A soli diciannove anni, nel nome dell’odio politico, gli estremisti rossi spezzarono la vita di Sergio Ramelli, che aveva solo 19 anni.
A cinquant’anni dalla scomparsa di Sergio, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, ha lasciato un messaggio per l’evento in suo ricordo: