C’erano due camionette della polizia a scopo precauzionale, ma non ce n’è stato bisogno: la prima giornata di distribuzione del “Decalogo del rispetto” – l’insieme di regole di civile convivenza che il gruppo regionale di Fratelli d’Italia ha preparato per ricordare agli stranieri i doveri da osservare per una migliore integrazione – è filata senza intoppi, anzi con un’inattesa curiosità da parte della numerosa comunità cinese che vive e lavora all’Osmannoro e a Quaracchi, spesso in condizioni di sicurezza e igienico-sanitarie precarie.
A partire dalle 12, insieme ad una delegazione del partito mi sono recato lungo le strade della Chinatown fiorentina portando il decalogo tradotto in lingua cinese. Abbiamo distribuito i volantini in strada e ci siamo recati anche all’interno di negozi, capannoni, aziende e luoghi di ritrovo della zona. Ovunque, i cittadini cinesi hanno accettato il volantino e letto con curiosità. Non si sono registrati momenti di tensione, a riprova del fatto che l’iniziativa è stata generalmente percepita non come una provocazione ma come il porre l’accento su alcune regole dal cui rispetto anche la comunità cinese ha solo da guadagnare.
Siamo qui perché forse molti cinesi non sanno che in Italia è vietato lavorare 12 ore al giorno senza contratto, ferie o tutele sanitarie mentre noi abbiamo voluto ricordare a quanti vengono schiavizzati nei capannoni quali sono i diritti e quali i doveri da rispettare. C’è una sinistra buonista che si concentra solo sui diritti e finge di non vedere intere zone della periferia invase dall’abusivismo, dal degrado e dalla sporcizia. Anche gli italiani dovrebbero rispettare queste regole di convivenza, è vero, ma almeno loro le conoscono: nel caso degli stranieri, invece, a volte ciò che qui in Italia è reato viene ritenuto normale nel Paese d’origine. Oggi abbiamo avuto una buona accoglienza, ed è normale che sia così: a scandalizzarsi è stata solo la sinistra del finto buonismo, anche perché c’è chi lucra sugli immigrati. Quanto abbiamo fatto noi oggi dovrebbe in realtà essere compito delle associazioni, strapagate dalle istituzioni: enti che dovrebbero occuparsi dell’integrazione e invece preferiscono lasciare i cittadini stranieri in condizioni disagiate. Parlano loro di diritti e poi, se qualcuno riesce a ottenere la cittadinanza, passano a chiedere il voto.
Le ispezioni fatte dalla Regione a Prato non fanno che peggiorare la situazione, perché di fatto legalizzano l’irregolarità: limitandosi a segnalare, senza prendere iniziative concrete, la Regione fa solo da sentinella e mette in guardia chi, una volta ‘pizzicato’, può cambiare zona e ricominciare.
La distribuzione di volantini è durata un paio d’ore: successivamente, ci siamo spostati da via Pratese alla zona di Quaracchi. Le prossime tappe del tour toccheranno le zone toscane a maggiore densità di immigrazione e dove ci sono problemi di mancata integrazione.